Felicità Recensione



Opera prima per l’attrice Micaela Ramazzotti che propone un personaggi anche come protagonista che dialoga con quanti interpretati in passato. Felicità è stato presentato a Venezia, sezione Orizzonti Further. La recensione di Mauro Donzelli.

Non si ferma un attimo, Desirè. Si divide senza sosta fra famiglia, fidanzato e lavoro. Un personaggio che Micaela Ramazzotti ha in passato interpretato più volte, fino quasi a farlo diventare un marchio di fabbrica del nostro cinema. Una donna proveniente da un contesto popolare, piena di forza nel cercare di vincere le infinite battaglie quotidiane di chi vuol rimanere a galla, specie se donna. La particolarità di Felicità è il suo passaggio (anche) dietro la macchina da presa, dimostrando ancora più energia in una storia di disagio familiare che rievoca La Pazza gioia, movie di Paolo Virzì in cui se la cavava alla grande al fianco di una straordinaria Valeria Bruni Tedeschi. In comune c’è quantomeno la sensibile sincerità con cui viene trattato il disagio mentale, a cui aggiunge però molte altre (troppe) sovrastrutture. Il movie infatti procede con un accumulo di tensioni e disdette, se non disgrazie, partendo da un elemento perturbante nell’infanzia di Desiré e del fratello.

È la famiglia, sono i genitori, ossessionati e tossici, egoisti e sempre pronti a rimproverare i figli per ogni insuccesso personale. Ma soprattutto troppo attenti alle apparenze e all’immagine all’esterno per ammettere una violenza che ha segnato la vita di una Desirè poco più che bambina. Una classica dinamica in cui vengono scaricate alle generazione successive le inadeguatezze proprie. Due personaggi di misera piccolezza, ma come tutti gli altri visti con uno sguardo in fondo umano, mettendone in risalto anche le fragilità e non solo le piccolezze, a cui Max Tortora regala il consueto carico di verità e credibilità. Se i decibel si alzano spesso e la catena di errori porta sempre più a fondo questa famiglia “storta”, Felicità rimane a galla grazie ai suoi attori e a una sincerità che non ha paura del ridicolo senza abusarne troppo.

C’è un baratro a dividere la nuova famiglia di Desiré e quella che non riesce mai advert abbandonare fino in fondo, per il suo bene; fra il borghese e colto professore con cui è fidanzata, Bruno (Sergio Rubini), e la famiglia popolana e manipolatoria (composta dai genitori Max Tortora e Anna Galiena) che ha soffocato ogni speranza di libertà per lei e per il fratello Claudio (Matteo Olivetti).

Fin troppo caricati e caratterizzati sono questi due estremi, mentre a spiccare, per la violenza del sentimento e la disperazione di una lotta che sembra senza speranza, è il rapporto fra fratelli. L’obiettivo è certo la felicità evocata dal titolo, ma in fondo anche la pazza gioia di prendere atto delle debolezze e le fragilità, per farsi forza insieme e cercare di superarle





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