La società della neve Recensione



Presentato in chiusura del Competition di Venezia, La società della neve è un movie Netflix sulla sopravvivenza in condizioni estreme di un gruppo di giovani in cima alle Ande cilene. La recensione di Mauro Donzelli

Ci sono storie vere che se fosse nate al cinema sarebbero state bollate come totalmente inverosimili, impossibili da accogliere neanche sospendendo al massimo l’incredulità. Una delle più simboliche, già portata al cinema nel 1993 in un piccolo classico contemporaneo di Frank Marshall, Alive, con un giovanissimo Ethan Hawke, è avvenuta nel 1972. Una squadra di rugby uruguaiana period in viaggio per il Cile, dove l’attendeva un’importante partita, quando il constitution dell’areonautica militare in cui volavano precipitò attraversando la simbolica linea di confine fra i due paesi, la cordigliera delle Ande, con le sue vette oltre i 6 mila metri d’altezza. Su 45 passeggeri, in 29 sopravvissero all’impatta sui ghiacci. Gli altri cercarono di restare in vita in un ambiente fra i più ostili del continente e del pianeta intero. 

Un survival film puro quello che J.A. Bayona ha realizzato recuperando la storia, dando molta importanza all’elemento di gruppo, all’affiatamento e all’affetto fra questi compagni di spogliatoio, amici e in qualche caso parenti. La dimensione della sopravvivenza, però, naturalmente emerge in primo piano presto, ma in un contesto in cui l’aiutarsi si unisce all’istinto che spinge a rimanere in vita. A qualsiasi costo. È chiaro che la storia, e il movie precedente, avevano un elemento particolarmente forte, diciamo pure raccapricciante, che è rimasto particolarmente nella memoria: il cannibalismo. Cosa faremmo, del resto, trovandoci senza scorte e sull’orlo della morte per fame e sete, se non affidarci ai cadaveri dei compagni morti poco prima?

In questa produzione Netflix Authentic, La società della neve, adattamento di un libro omonimo di Pablo Vierci che raccoglie la testimonianza dei sopravvissuti, molti dei quali conosciuti dall’autore fin dall’infanzia, Bayona si affida a un forged tutto uruguaiano e argentino, girando in spagnolo una nuova storia fra il catastrofico e il resiliente dopo The Unattainable, sulla tsunami nell’Oceano Indiano del 2004, in cui esseri umani vengono sottoposti a una sfida ai limiti. Particolare cura ha messo il regista spagnolo nella costruzione della personalità di ognuno dei personaggi, facendo emergere carattere e predisposizione, regalando una bella dose di umanità al gruppo e ai suoi componenti, al di là della dinamica più strettamente legata alla sopravvivenza. Più che il cannibalismo, trattato con la naturalezza di chi è costretto e non ha scelta, emerge l’ingegno e lo spirito di organizzazione che dimostrarono questi ragazzi trovatisi in condizioni così estreme.

Scorre sul filo della vita e della morte, La società degli uomini, are available preda ai deliri insieme ai suoi protagonisti in lotta. Rievoca la speranza dei vivi e, are available ogni squadra affiatata, la speranza di chi non ce l’ha fatta è che il testimone sia raccolto per valorizzare lo sforzo di tutti. Al di là di vincere, insomma, l’importanza è farlo insieme e dando tutto. In questo senso emerge un senso di tempo che sorprende, un destino già conciliato prima di essere scritto, mentre Bayona non indugia nella spettacolarizzazione della lotta estrema e della morte, ma appassiona più con il lato umano dell’incredibile vicenda. Da un regista di horror come The Orphanage ci si poteva aspettare altro, mentre la sobrietà si apprezza, a costo di qualche momento di stanchezza nella tensione del racconto. Spettacolo di buona fattura, che non delude.





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